Assumere un “raccomandato”? Ottima idea se vuoi fallire!
Qual è il metodo più usato dagli imprenditori italiani per assumere nuovo personale nella propria azienda?
La raccomandazione. Non lo dice Checco Zalone nel suo ultimo film. Lo afferma con chiarezza l’Istat nel suo 26esimo “Rapporto annuale”.
Se sperare in una raccomandazione è comprensibile da parte di chi è in cerca di lavoro (l’87,5% degli italiani in cerca di lavoro si rivolge ai canali informali, quindi alle sue conoscenze), lo è molto meno da parte di chi vorrebbe assumere (circa il 40% delle assunzioni in Italia avviene in base ad una raccomandazione, con una punta del 50,6% al Sud).
La cosa terribile è che questa abitudine è dannosa per entrambi. A prescindere dall’effettivo valore della persona (nulla vieta che la persona raccomandata sia, in generale, una persona valida), un’assunzione fatta “per raccomandazione” limita le possibilità che l’azienda trovi il collaboratore più idoneo alle sue esigenze. Allo stesso tempo, spesso condanna il lavoratore ad accettare un posto che non è quello in cui potrebbe dare il meglio di sé, con una generale insoddisfazione per la mancata valorizzazione delle proprie capacità.
In pratica, questa condizione si traduce in guadagni ridotti, inferiori opportunità di carriera, minore interesse per il lavoro svolto e, più in generale, minore soddisfazione lavorativa.
E l’impresa? Che se ne fa un’impresa di una persona scelta male? Collocata nel posto sbagliato e sotto-impiegata rispetto alle sue (magari diverse) capacità?
Chi soffre particolarmente di questa situazione è l’impresa che opera in settori produttivi: industria e artigianato. Negli ultimi 10 anni, in Italia, la tipologia dei posti di lavoro disponibili è cambiata radicalmente. Gli occupati classificati come operai e artigiani sono scesi di circa un milione di unità, mentre si contano oltre 860mila lavoratori in più nelle professioni di livello più basso nel commercio e nei servizi.
In questi settori in cui la competenza e l’esperienza sono particolarmente importanti per definire un buon candidato, cercare un collaboratore semplicemente attraverso i propri contatti è come cercare un ago in un pagliaio.
Perché, allora, c’è chi si ostina a farlo? Ci dovrà pur essere un qualche buon motivo…
Il primo di questi è che in Italia il sistema pubblico degli Uffici per l’Impiego non funziona. Oltre a rivolgersi principalmente a disoccupati senza competenze, gli Uffici per l’Impiego non forniscono alcuna garanzia di corretta selezione dei candidati, tanto che il numero di persone collocate in un anno in tutta Italia è di poco superiore alle 30mila.
Il secondo motivo è che molti imprenditori ritengono di poter riconoscere meglio di qualunque selezionatore se il candidato è in grado di far bene il suo mestiere, quello stesso mestiere di cui il titolare è, ovviamente, un “maestro”. Questo sarebbe vero, se non fosse che usando solo le raccomandazioni o i curriculum presentati spontaneamente, di candidati validi da verificare al “maestro” ne arriveranno ben pochi!
Il terzo motivo è di tipo economico. Molti imprenditori sono coscienti del fatto che un’agenzia per il lavoro privata potrebbe fornire loro una rosa di candidati più ampia e potrebbe aiutarli nella loro selezione, ma semplicemente non vuole affrontare la spesa richiesta per una selezione di questo tipo senza avere la garanzia di ottenere un risultato migliore di quello che potrebbero ottenere con i propri mezzi.
Hanno paura di spendere dei soldi e di ricevere cinque o sei nominativi dello stesso livello di quelli avrebbero benissimo potuto procurarsi da soli… Però cambierebbero sicuramente idea se, prima di spendere anche un solo centesimo, potessero verificare che il lavoro di ricerca e di confronto fatto sui candidati alla loro offerta di lavoro portasse loro persone, esperienze e competenze che neanche avrebbero potuto immaginare!
Ecco. Questo, oggi, è finalmente possibile. Mundamundis, il sistema intelligente per la ricerca dei migliori collaboratori, fornisce alle aziende tutte le informazioni veramente importanti sui possibili candidati: le loro esperienze di lavoro, cosa sanno fare, ma anche le loro attitudini al lavoro di gruppo, le loro competenze, il loro livello di motivazione, la capacità di coprire o meno le reali esigenze dell’azienda che li sta cercando.
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